Riporto di seguito un estratto del mio intervento fatto durante la riunione di sabato scorso in occasioen dell’incontro con il Commissario Nazionale Avv. Francesco Rocca.

 

Molte considerazioni sullo stato della CRI e di come viene vissuta dai volontari e dai Comitati Locali è stata ampliamente descritta durante gli altri interventi; cercherò quindi di rimarcare alcuni punti molto delicati.

Lo faccio anche perché oggi ho l’occasione di parlare con il massimo responsabile del Comitato Centrale, soggetto, quest’ultimo,  che normalmente si presenta alla rete come una serie di fax scritti da tecnici che richiedono scadenze da ufficio e letti da volontari ormai tuttologi che non possono passare tutti i giorni nella propria sede a rispondere solo a questi quesiti.

 

Quando si deve ricostruire una casa, dobbiamo innanzi tutto decidere il terreno sul quale costruirla: credo quindi che se è Sua intenzione ricostruire la CRI, debba scegliere innanzi tutto la natura giuridica da fargli assumere. Le realtà romane (e non voglio fare demagogia) e la rete viaggiano a velocità sicuramente diverse. Le necessità sono spesso diverse e non coincidono facilmente. Si deve quindi pensare ad una organizzazione composta sia da una parte “ente”, centrale che possa servire da service per gli organi periferici, e da una parte periferica il più snella possibile, simile a semplici organizzazioni di volontariato o a piccoli soggetti giuridici dotati di propria indipendenza.

 

Una volta fatto questo, possiamo passare a costruire il nostro edificio: le regole che devono essere osservate sono efficienza e chiarezza: la prima è indispensabile.

Non è mio solito parlare di casi personali del mio Comitato, né tanto meno è mia intenzione annoiare i presenti.

La porto però a conoscenza di tre casi che possono fare da esempio: servizio civile. È dal 2005 che siamo dietro a questi progetti. Qui in Toscana siamo lo zimbello di tutti: qualsiasi piccola associazione o ente o servizio comunale ha a disposizione persone provenienti dal servizio civile nazionale, mentre la nostra associazione che definiamo “strutturata e potente”, non è stata in grado di accedere ancora a tale progetto.

Non dobbiamo basarci solo sul servizio civile per portare avanti il nostro operato, ma è sicuramente una valida mano che magari un domani può rimanere nelle fila dell’associazione come volontariato.

L’ampliamento della sede: sono ormai da anni che stiamo progettando l’ampliamento della nostra sede, o meglio degli ambulatori che sono quindi immobili che una volta a regime, ci permetterebbero di aumentare le entrate di bilancio e investirle in progetti strettamente di pertinenza della CRI come Lei stesso prima accennava.

Ebbene, siamo ormai fermi da mesi per la mancanza di un RUP, che come sa deve essere un tecnico assunto dalla CRI e in tutt’Italia, non riusciamo a trovarne uno, disposto a seguire il progetto.

Ultima è la vendita di un terreno non edificabile in nostro possesso di cui abbiamo già pronto il compratore: siamo dietro alla cosa dal 2001. Per stimare questo appezzamento di terreno di 500mq circa, il Servizio Patrimonio ha richiesto ben tre perizie e adesso ha nominato una commissione per poter decidere quale tra queste sia la più veritiera: a mio parere tale Servizio deve essere totalmente rivisto per creare un gruppo di lavoro a disposizione della periferia e non un ufficio creato per dare senso alle persone che ci lavorano dentro.

 

Passiamo poi alla chiarezza: esempio eclatante è il contributo per il “5 per mille”, contributo difficile da accaparrarsi causa la concorrenza di centinaia di piccole associazioni distribuite sul territorio. Parte essenziale per il contribuente è anche conoscere la destinazione di tale offerta, anche perché è più facile, per la popolazione, donare per le piccole realtà piuttosto che per un unico calderone.

Ci era stato detto che tale contributo sarebbe stato riunito in un unico conto accessorio e servito per acquistare ambulanze che sarebbero state distribuite a pioggia sull’intero territorio nazionale: a noi non è arrivato mai niente, se non, invece di un report sull’effettivo utilizzo ceh ne è stato fatto, una lettera del Presidente Nazionale in cui venivamo bacchettati per non esserci impegnati a fondo nel reperimento dei fondi.

 

Altro punto delicato è il contributo di solidarietà: mi scuso, ma io, ancora non l’ho ben digerito anche perché le notizie in merito sono sempre state difformi e frammentate e il metodo di frazionamento utilizzato a livello regionale e provinciale hanno fatto si che tale contributo sia stata più che altro una tassa sul patrimonio e non sulla cattiva conduzione amministrativa dei comitati.

Nel nostro caso, tutti i giorni devo sottrarre risorse ai volontari, non comprando le divise, le scarpe, facendo acquisti al di sotto delle nostre reali esigenze: come posso chiedere a questi volontari a cui nego il loro dovuto, di pagare per altri comitati che hanno sperperato i soldi guadagnati? Al danno la beffa, considerando che i bilanci del nostro Comitato sono stati sempre più che attivi e non abbiamo attualmente alcun carico pendente nei confronti del Comitato Centrale, né tanto meno avuto mai alcun dipendente.

 

In vorrei capire meglio: si è detto che non doveva essere pagato, che sarebbe stato solo un movimento di bilancio, di aspettare a pagare, che sarebbe stato restituito in tre anni, e non più di tre mesi fa, in questa stessa sede, che si poteva iniziare a mettere a bilancio per il 2009, una partita in avere nei confronti del Comitato Centrale pari ad un terzo del proprio contributo.

 

Chiedo a Lei spiegazioni in merito a tutto ciò sperando che non siano solo parole, ma anche fatti.